Dove si trova
La Roccaccia di Montauto sorge nella parte meridionale del territorio comunale di Manciano quasi al confine con la provincia di Viterbo. È situata all'interno della Riserva della Montauto Wildlife Foundation, un'organizzazione non-profit dedicata alla conservazione della fauna e della flora locali, fondata nel 2020. Non sono disponibili indicazioni precise per raggiungerla, ma se si arriva da Manciano, si deve percorrere la Strada Provinciale Campigliola in direzione di Montalto di Castro/Vulci per circa 15 km. A questo punto troverete una strada sterrata sulla sinistra con indicazione 'Riserva di Montauto' ma leggibile solo da chi proviene nell'opposta direzione. Qua si può decidere se percorrere questa strada (a seconda del tipo di veicolo) o continuare a piedi per circa 3 km fino alla Rocca. Se si opta per la strada sterrata, dopo circa 1 km è consigliabile comunque parcheggiare in uno spiazzo che troverete sulla destra e proseguire fino al seguente bivio e il successivo guado prendendo a destra. Qua inizia la salita che conduce a destinazione. Fate attenzione di imboccare la strada sulla sinistra (sebbene sia 'chiusa' da una catena è agevole superarla a piedi) prima di raggiungere un ovile. Si tratta di una strada vicinale con buone pendenze, ma non presenta particolari difficoltà. Dislivello 350 metri, a/r circa 6 km.
La storia
La Rocca di Montauto, meglio conosciuta come Roccaccia ma già noto come Montaguto o Castellare di Montautaccio in val di Fiora, sebbene in rovina si presenta ancora oggi sotto forma di una imponente fortificazione, che racchiudeva al centro una torre di avvistamento e vari altri edifici ormai parzialmente crollati, così come il resto dell'insediamento circostante. La bellezza del territorio che la circonda fa da cornice a questo sito storico importante e purtroppo poco conosciuto dal quale si domina tutta la valle sottostante e la costa tirrenica distante in linea d’aria circa 15 chilometri.
La struttura, in forte stato di degrado e anche parzialmente occultata dalla vegetazione, ha sezione quadrangolare affiancata ad un cortile fortificato ormai quasi completamente diruto; sulle strutture murarie in pietra composte da blocchi parzialmente sbozzati di dimensioni variabili posti su filari orizzontali vi sono alcune aperture sormontate da archi ribassati e altre le cui rifiniture, che suppongo fossero in pietra arenaria lavorata come gli angoli della struttura, sono quasi totalmente scomparse. La parte sommitale è oramai priva di coronamenti a causa del lungo periodo di degrado, salvo due beccatelli ancora sporgenti all’angolo sud-ovest. Di particolare interesse i resti dell’ingresso principale posto sul lato est un tempo dotato di ponte levatoio, del quale ancora si notano perfettamente gli scassi dei bolzoni a scomparsa, e le belle volte a botte di alcuni edifici interni. All'angolo sud-est nella barte basale delle mura è ancora identificabile un accenno di scarpatura.
La presenza antropica a Montauto ebbe però origini ben più remote; un corredo manufatti quali schegge, ciottoli e altri reperti paleolitici ora custoditi nel Museo di preistoria e protostoria della Valle del Fiora ne sono testimonianza. Tra il IX e il I sec. a.C., la zona era popolata dagli Etruschi. Nel 280 a.C. l’area passò ai Romani.
Durante l’Alto Medioevo, il territorio fu conteso da Saraceni, Papi e Re Franchi. Gli stessi feudatari sempre presi a scontrarsi tra loro ne ridisegnarono i confini e le proprietà fino allo stabilirsi di un’egemonia carolingia. Sarà Carlo Magno nell’805 a donarlo all'Abbazia dei Santi Anastasio e Vincenzo alle Tre Fontane, monastero Cistercense che ne ha avuto il controllo per oltre trecento anni. Il Papa Leone III, all' inizio del secolo IX confermò la donazione di Montauto aggiungendo anche Orbetello, l'Argentario, il Giglio, Giannutri, Ansedonia anche i castelli di Capalbio, Tricosto, Marsiliana e Scerpenna.
Nel fra il XII e il XIII secolo si stabilisce il dominio degli Aldobrandeschi che lo consolidano con un sistema di imponenti strutture difensive ancora oggi visibili. E tra le più significative troviamo proprio la Rocca di Montauto. Le continue lotte fra forze politiche (guelfi e ghibellini), incursioni e saccheggi ne giustificano le massiccie fortificazioni. Anche la sua posizione strategica vicino al confine con il Lazio la resero scenario di numerose battaglie e contese fra la Contea Aldobrandesca, la Repubblica Senese - che nel 1470 restaurò la rocca per farne un punto di forza a difesa dei confini - e il Comune di Orvieto.
Alla fine del XV secolo la Rocca di Montauto ebbe anche l’attenzione dei reali Bizantini sconfitti a Costantinopoli dagli Ottomani. Il 20 Luglio 1472 il Consiglio del Popolo di Siena permise ad Anna Paleologa (ultima regnante dell’Impero Romano d’Oriente) e al suo seguito di 100 famiglie di Greci di stabilire a Montauto un nuovo insediamento. L’intero progetto venne accantonato quando il Granducato di Toscana sconfisse la Repubblica di Siena ed instaurò il proprio dominio sotto l’emblema dei Medici. Nel 1489 venne addirittura occupata da pirati Corsi.
Al momento della costituzione dello Stato dei Presidi, il distretto di Montauto fu ceduto, insieme alla tenuta della Marsiliana, nel 1557 dal Re di Spagna al Granduca Cosimo I. La Rocca venne progressivamente abbandonata ma le sue mura vennero utilizzate anche in epoche successive: il brigante Tiburzi (1836-1896), il più famoso della Maremma, le usò come rifugio e vi nascose il suo tesoro e dai partigiani durante la seconda guerra mondiale.