Dove si trova
La Rocca si raggiunge con un breve e semplice trekking dal paese di Montevitozzo, appena arrivati all'inizio del borgo imboccate la prima strada a destra (se venite da Castell'Azzara) o a sinistra (da Sorano) e appena la stessa diventa sterrata lasciate l'auto e proseguite a piedi per circa 3 km, dislivello inferiore ai 200 metri.
La storia
La Roccaccia, o Rocca di Monte Vitozzo sorge a 926 metri di altitudine all’interno della Riserva Naturale del Monte Penna. Anticamente si chiamava Rocca Tèdula.
Ne abbiamo la prima menzione in una bolla del 5 Aprile 1188 di Papa Clemente III che raccomandava ai canonici di Sovana “... la chiesa di Santa Croce di Monte Vitozzo con tutte le sue pertinenze ed i suoi redditi; la Rocca Tèdula con la chiesa e tutte le sue pertinenze ed i suoi redditi, siano essi in decime che in altro …”
In passato si è pensato che la Roccaccia di Monte Vitozzo fosse l'antica ubicazione del paese di Monte Vitozzo, mentre la stessa bolla papale ci dimostra che i due toponimi esistevano contemporaneamente, già nel 1188. Dalla stessa bolla si deduce inoltre che la chiesa di Santa Croce di Monte Vitozzo (solo la Chiesa) e la Rocca Tèdula e la sua chiesa erano di dominio ecclesiastico.
La Rocca Tèdula prende il nome dal diminutivo latino di tèda, cioè torcia di materiale resinoso, resistente al vento, anticamente usata per l'illuminazione notturna. La rocca, posta bene in vista, aveva sicuramente la funzione di fare segnalazioni e mandare messaggi, con delle torce, alle fortificazioni amiche con le quali era collegata. Ed è abbastanza semplice accorgersene ancora oggi.
Il diminutivo Tèdula usato nella bolla papale, lascia pensare che la Rocca fosse inizialmente poco più di un fortilizio, ma dai ruderi si può notare che la rocca subì in seguito ricostruzioni ed ampliamenti.
La posizione strategica sulla cima irta e sassosa, e spesso ventosa, ne facevano il luogo ideale per la vita del medioevo. La Rocca era presente nell’elenco dei castelli Aldobrandeschi in base al lodo del 1216, si presume che la primitiva fortezza sia stata costruita dalla potente famiglia in questo luogo dal quale si potevano dominare le valli sottostanti ed individuare con facilità gli eventuali attacchi nemici oltre ad avere una migliore difesa grazie alle asperità del luogo. Divenne in seguito oggetto di contesa tra gli Ottieri di Montorio, legati agli Aldobrandeschi, e gli Orvietani che miravano ad allargare i propri domini nella parte sud-orientale dell'attuale provincia di Grosseto. Nel Quattrocento passò sotto il controllo di Siena, a seguito di accordi intercorsi con gli Ottieri e alla rinuncia del comune di Orvieto alle mire espansionistiche. Successivamente fu ceduta il complesso agli Orsini di Pitigliano, che la inglobarono nella loro contea. Agli inizi del Seicento, Montevitozzo passò nelle mani dei Medici e inglobato nel Granducato di Toscana.
I ruderi delle mura, costruite in filaretto del luogo, presentano uno spessore che varia da 80 a 130 cm. La pianta della fortificazione ha la forma di un trapezio molto irregolare, condizionata dall'asperità del terreno sulla quale sorge. La base maggiore rivolta a Nord misura 25 metri, quella minore 20 metri. Un lato è di 11,5 e l’altro di 10 metri. L'ingresso era a meridione, rivolto verso il Monte Elmo, quasi al centro della base minore, convessa, della figura trapezioidale. E’ molto probabile, analizzando i terrazzamenti e resti di murature, che sotto di essa un tempo ci fossero anche altre costruzioni adibite ad abitazioni e stalle.
La Rocca aveva due cinte murarie dentro il cui perimetro probabilmente era compresa anche la chiesa citata nella Bolla Papale della quale non conosciamo però l'esatta ubicazione. Non é escluso che la la stessa fosse ubicata nella borgata i Marcelli, sia perché la rocca aveva una sua comunità ed un territorio, sia perchè nel 1200 si ha la notizia dell’esistenza di una chiesa intitolata a San Marco (in latino "Sancti Marci").
Il nome Rocca Tèdula fu conservato per diversi secoli. Alla fine del 1500 aveva dato il nome anche al Fosso di Fontetèdula (individuabile nell'odierno Fosso del Molino) ed alla fonte che doveva essere lungo il suo corso e che potrebbe corrispondere all’odierna Fonte delle Capannelle.
Dai, purtroppo scarsi, ruderi si gode un panorama fantastico, a 360 gradi si osservano il Monte Amiata a nord, Radicofani, la Val d’Orcia e l'Appennino umbro-toscano ad est, il lago di Bolsena a sud ed il mare, l'Argentario ed il Giglio ad ovest. Per gli appassionati di trekking e per gli amanti della natura la sua visita è un’esperienza che va assolutamente vissuta.