





























Dove si trova
Il Castello si raggiunge percorrendo il sentiero 27 del CAI. Personalmente l’ho percorso dalla parte del Chianti lasciando l’auto in una piazzola sulla sinistra dopo circa un chilometro da Badia a Montemuro dove parte il segnavia bianco/rosso. Sono circa 5,5 km con 230 metri di dislivello fra andata e ritorno. E’ possibile percorrerlo anche partendo in prossimità dell’abitato di Massa dei Sabbioni, dal lato del Valdarno.
La storia
E’ popolare l’ipotesi che il nome del castello risalga ad una famiglia dal nome di Domenichi, fondatrice del fortilizio nella sua forma medievale e ricordata nelle pergamene di Badia a Coltibuono, ma è più probabile che il sito, di cui sono documentate tracce di un insediamento già in epoca romana, abbia mutuato semplicemente il nome dal latino ‘Mons Dominicus’ cioè ‘Monte del Signore’ altrimenti detto ‘Luogo del padrone’.
All’inizio del 1300 il fortilizio entrò in possesso dei Della Foresta, una famiglia figlinese che riuscì ad ottenere un discreto potere in questo angolo del Valdarno. I Della Foresta, sia nel ramo che rimase in Toscana, sia in quello che fece fortuna in Francia, investirono molti capitali nella costruzione e ampliamento dei castelli di questa zona. Nel loro momento di massimo splendore, fu realizzato un sistema di fortificazioni che, partendo dal Castello della famiglia a Figline, collegava Pian Franzese, Tartigliese, Montedomenichi e Badia di Montemuro. Fu proprio nei Castelli di Montedomenichi e Pian Franzese che questi feudatari ospitarono, nel 1308, i ghibellini fuoriusciti da Firenze. Oggi l’unica fortificazione rimasta leggibile è appunto quella di Montedomenichi, a testimonianza della sua potenza ma anche della sua posizione defilata.
Il castello fu da sempre al centro di combattimenti tra Firenze e Siena, essendo posto sul confine del contado Fiorentino e in antemurale della Roccaforte senese di Volpaia, posta dall’altra parte del crinale. Per questo motivo, dopo che Firenze lo acquistò nel 1314 per farne un nuovo caposaldo, nel 1483 fu scelto di demolirlo in quanto, pur possente, era difficilmente difendibile, essendo troppo esposto ed isolato, evitando così che cadesse nelle mani dei Senesi. La demolizione avvenne con la polvere da sparo, la leggenda narra di uno spettacolo pirotecnico visibile in tutto il Valdarno.
Pur ridotto nello stato di rudere, il fortilizio ci rivela ancora la sua passata imponenza: ha pianta rettangolare, quasi trapezoidale per l’irregolarità del muro perimetrale sud, dotata di alte muraglie e diviso in due recinti, costruiti in epoche diverse, separati da un'altrettanto alta cortina muraria della quale resta solamente la porta con arco ribassato che era posta al centro. Quello ad est aveva funzioni residenziali, con un edificio e un pozzo rimasto in uso fino ad oggi, ed era un tempo dotato di un’alta torre quadrata totalmente scomparsa i cui resti si possono trovare sparsi nel bosco antistante. L’altro era utilizzato come piazza d’armi, vi si accedeva dall’ingresso principale posto sul fronte nord - oggi scomparso - e sulle mura si notano i parziali resti della merlatura guelfa e sul lato ovest quello che rimane della possente e altissima torre circolare, di epoca più tarda rispetto al resto dell’edificio e soluzione piuttosto insolita nell’architettura militare di questa parte della Toscana, che svolgeva compiti di avvistamento. Di questa restano scarse tracce, la parte sommitale a seguito della demolizione con polvere da sparo è infilata nel terreno a circa nove metri di distanza dalla sua posizione originaria. Esternamente all’angolo sud-ovest doveva trovarsi il corpo di guardia. Annessa al Castello sorgeva anche una piccola chiesa.
Negli anni scorsi il Comune di Cavriglia ha proceduto ad un parziale restauro ma il luogo, pur suggestivo, può essere ancora pericoloso, quindi si invita alla cautela nella visita.